LA LETTERA DI L.A. (e-book)

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Giovanni Prodi

Letteratura | p.380 | ed. 2018 | formato e-book
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Descrizione

Detroit, 2008. La terribile recessione causata dalla crisi dei mutui subprime è ormai alle porte quando Paul Golden, l’Ingegnere, il Presidente e maggiore azionista della Golden Cars, uno dei tre colossi automobilistici americani, muore all’età di 72 anni, lasciando l’impero aziendale in un momento assai critico per l’economia mondiale e per il settore automotive in particolare. Qualche mese dopo una donna dell’alta società viene trovata morta nella sua villa di Palm Beach, apparentemente vittima di una rapina finita in tragedia. Per quanto misterioso ed efferato sembra quindi un delitto fine a se stesso. In realtà sarà l’inizio di una serie di colpi di scena che coinvolgeranno sia la storica azienda automobilistica sia l’intera famiglia Golden, portando alla luce diabolici intrighi criminali e finanziari, nonché antiche ruggini familiari. E come nei migliori thriller sarà proprio la persona più inaspettata, tassello dopo tassello, a risolvere il mistero.

Giovanni Prodi vive a Ravenna, dove lavora da molti anni in ambito marketing. Ha esordito nel mondo della narrativa nel 2014 con il romanzo La Donna di Cuori, un thriller psicologico che ha vinto numerosi premi.
Ancor prima di essere pubblicato, La lettera di L.A. si è classificato secondo al concorso Golden Selection organizzato dall’Associazione Pegasus Cattolica.

PROLOGO
La camera ardente, i fiori, la bara, il carro: un funerale.
Paul Golden era morto e tutti questi piccoli, grandi, maestosi oggetti lo stavano testimoniando. Ma agli occhi delle centinaia di persone che affollavano la sede dell’Azienda quel 07 Maggio 2008 le cose apparivano in modo molto diverso. La camera ardente, illuminata da alcune lampade alogene che la rendevano al tempo stesso triste ed accogliente, sembrava quasi un tempio sacro, come quelli eretti mille anni prima nell’antica Grecia. I fiori, semplicemente bianchi e ordinatamente posati ai lati del feretro, apparivano come sfarzosi brillanti incastonati in una corona regale. La bara, pur completamente liscia senza nessun tipo di intarsio, colpiva l’immaginario degli uomini e delle donne che le passavano accanto come il letto regale della reggia di Versailles. Il carro, una Golden Start ultimo modello color nero metallizzato, testimoniava ancora una volta il legame d’acciaio che la famiglia del defunto aveva avuto fin dai primi anni del novecento con la propria azienda.
Non si stava quindi celebrando un semplice funerale, non era ciò che sarebbe rimasto impresso nella mente di migliaia di persone, dai comuni cittadini alle più alte cariche dello Stato ed autorità: ciò che stava andando in onda in quella umida mattina di Detroit era un vero e proprio commiato. Perché non era morto semplicemente Paul Golden: era morto l’Ingegnere.
In un primo momento il vescovo Brown aveva giudicato inopportuno e anche un po’ profano trasformare la sede della Golden Cars in una camera ardente, ma alla fine aveva accettato per consentire ai cittadini accorsi da tutta la contea di Wayne di salutare l’Ingegnere un ultima vola. Accanto alla bara, uno vicino all’altro come gli anelli di una catena di metallo, vi erano i parenti più stretti di Paul Golden, intenti a stringere mani e ad abbracciare affettuosamente i vari visitatori: la moglie Elisabeth, i figli Steven e Dana, il figlioccio Nathan, i fratelli Thomas e Taylor e la sorella Mary Jane. Tutti quanti indossavano abiti scuri, gli uomini un completo nero con cravatta color antracite e le donne un vestito lungo fino alle caviglie con un velo di pizzo sul volto. Dai loro sguardi traspariva una immensa tristezza e si capiva a vista d’occhio che un nodo strettissimo gli stava attanagliando le viscere. Di tanto in tanto, lungo il viso di Elisabeth e di Dana compariva fugacemente una lacrima. Ma tutti i membri della famiglia, nessuno escluso, manifestavano il loro dolore con la massima compostezza e solennità. Dana teneva in mano un ritratto del padre da lei dipinto all’età di ventuno anni: di certo non un capolavoro artistico, ma Paul Golden l’aveva tenuto sopra il suo letto fino alla morte. Ora quel dipinto era stretto nelle mani della figlia e testimoniava meglio di qualsiasi parola il legame indissolubile che c’era stato tra i due. Dall’altro lato del lungo tappeto di seta rossa, erano schierati i dirigenti dell’Azienda, quelli che, in modo più o meno diretto, avevano collaborato professionalmente con l’Ingegnere: c’erano probabilmente alcune tra le migliori menti in ambito di gestione aziendale che la scuola americana avesse mai partorito. Anch’essi lasciavano trasparire poche emozioni, il loro atteggiamento era composto, molto simile a quello dei familiari più stretti. Per Paul Golden la sua azienda e la sua famiglia erano state due entità intercambiabili: l’affetto che l’Ingegnere aveva manifestato per la prima non era stato né superiore né inferiore alla seconda. “Quando sovrapposti coincidono perfettamente”: era la definizione che ogni maestra della scuola elementare inculcava ai propri alunni sull’uguaglianza di due poligoni geometrici. L’atteggiamento e la passione dell’Ingegnere per la grande azienda ereditata dal padre e prima ancora dal nonno coincidevano perfettamente con l’amore che aveva sempre nutrito per i propri familiari, i figli in particolare.
Il corteo si fermò un istante, alcuni uomini in abito scuro con occhiali da sole sul viso si stavano facendo largo tra la folla circostante: il Presidente degli Stati Uniti veniva a porgere omaggio alla salma e gli agenti dei Servizi Segreti non lesinavano anche in questa occasione spintoni e spallate per mantenere l’inquilino della Casa Bianca dentro una campana di vetro. “Le mie condoglianze signora Golden, suo marito è uno di quegli uomini che ha fatto la storia del nostro paese.”

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