Le cicatrici dei depressi inventati (e-book)

Le cicatrici dei depressi inventati (e-book)

4,99 

In stock
0 Di 5

4,99 

Gianluca C. Cadeddu

Letteratura | p. 346 | ed. 2017 | formato: e-book
COD: 9788897911388 Categoria:
Visualizza carrello

Descrizione

Celestino Ferreri, scrittore anarchico costruttivo, ricercatore e indagatore indomito, abile divulgatore di alcune verità occultate a oltranza dai sistemi marci è nato in Sardegna.
Tuttavia non si è mai sentito sardo, non si è mai sentito italiano, non si è mai sentito europeo. Lui si è sempre sentito un abitante di quel grande monolocale dalle pareti curve che è il globo terracqueo e vive godendo dell’eternità dell’universo. Nel vortice del crollo economico e culturale della Sardegna si rende conto di essere circondato da una massa ingiustificata di depressi. Dopo un’accurata indagine si convince che dietro l’estensione apparentemente incontrollata di antidepressivi spacciati come panacee per il male del millennio può esserci un business voluto dalla case farmaceutiche, pianificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), controllato dai sistemi politici consenzienti e conniventi. Celestino Ferreri inizia la sua nuova battaglia contro le case farmaceutiche ma soprattutto contro l’OMS. E per la prima volta anche lui si sente un cinghiale, selvatico come i suoi conterranei che spesso ha criticato. O forse si sente come un muflone sardo che si inoltra per i boschi della vita consapevole di aver messo a repentaglio la propria libertà, la propria vita, la conservazione di una specie. UNA SPECIE ANARCHICA COSTRUTTIVA!

Gianluca C. Cadeddu, lo scrittore anarchico costruttivo, nasce a San Gavino Monreale il 02/03/1970. Dopo aver vissuto 12 anni a Cagliari (dal 2001 al 2013) ora è tornato a vivere a Villacidro, città del Medio Campidano in cui è cresciuto. Viaggiatore scrivente, col suo girovagare perpetuo per il globo terracqueo, con le sue indagini e con le sue scoperte mette a disposizione dei suoi lettori tutte quelle verità che i sistemi politici, imprenditoriali, finanziari, militari, religiosi e informativi occultano a oltranza. Lui non pensa di aver inventato niente ma oramai gli sono state attribuite le invenzioni di due generi letterari: la croni-poesia e il thriller filosofico.
Le sue opere precedenti sono: “Liviam” (croni-poesia, 2002) Aipsa Edizioni; “L’anarchia di borotalco” (romanzo, 2007) La Riflessione; “La densità del dubbio” (romanzo, 2008) La Riflessione; “Labirinti alla menta” (romanzo, 2010) La Riflessione. “Le cicatrici dei depressi inventati” è stato già pubblicato nel 2012 con La Riflessione e viene riproposta da Prospettivaeditrice con un’edizione aggiornata. Con Prospettivaeditrice è stato già pubblicato nel 2014 “Il Pinguino di seta sul Grande Mango”

CAPITOLO 1

Era un pomeriggio strano di un’estate altrettanto strana. Finalmente un’estate in completa libertà dopo cinque anni di convivenza piacevole e insopportabile allo stesso tempo. Elisabetta, come tante altre donne prima di lei, non aveva retto alla mia irresistibile brama di singletudine. È meraviglioso come io riesco a vivere da singolo anche in compagnia, perso nel mio mondo di sogni artistici dove non permetto a nessuno di entrare, nemmeno a chi mi ama, tranne in qualche momento di intima generosità. Non ho mai capito il motivo per cui ogni tanto ci casco e chiedo a qualche donna di venire a vivere con me. Forse non lo capirò mai. Di una sola cosa sono certo: ogni periodo successivo a una convivenza diventa per me il periodo più bello della mia vita, dove creo tantissimo e frequento tante donne, tutte diverse e con singole e peculiari caratteristiche. Altro che rimpianti, tutte le volte che mi metto con qualcuna in modo quasi serio so già che il giorno successivo starò già pensando a quanto sarà bello il giorno in cui lei mi lascerà disgustata dai vortici ispirativi nei quali non permetto a nessuna di entrare. Le donne ci possono entrare soltanto leggendo i miei libri. È proprio così: il gentil sesso mi può conoscere in modo profondo soltanto leggendomi. Mai  ivendomi.
La stranezza di quel pomeriggio divenne paragonabile alla stranezza del sottoscritto, il temerario viaggiatore scrivente che vi illustra la cronaca di quella eccentrica domenica d’estate. Via Nuoro era deserta. Nessun sommovimento idrogeologico avrebbe potuto sconvolgere la via in cui abitavo.
Dall’incrocio con via Logudoro fino a quello con viale Bonaria, tutto versava in una sonnacchiosa immobilità, tipica delle vie centrali corollate da uffici e attività di vario genere che si spopolavano nel weekend. E per noi scrittori che vivevamo in centro per avere tutto a portata di mano, quelle vie erano ideali perché diventavano un incantesimo ispirante, specie la domenica mattina, quando accendevamo il computer e con la brezza marina che entrava dalle finestre spalancate, in mutande e aggiustandoci il pacco liberamente senza sentire le critiche della strega di turno, ci lasciavamo andare alla meravigliosa terapia che curava i nostri mali e ci faceva godere.
In via Nuoro 43, in un condominio vetusto e malandato degli anni Trenta, di artisti ne vivevano altri due, oltre me. Al terzo piano ci viveva Simone Sannu, architetto, vicedirettore dei lavori al Centro Culturale del Lazzaretto nel quartiere Sant’Elia, ma soprattutto grande fumettista. Da poco era uscito il suo nuovo libro a fumetti sulla storia di Graziano Mesina, il leggendario bandito del Supramonte, arcigno e sanguinario rapitore. Simone oltre ad essere un fuoriclasse nel costruire edifici sapeva molto bene quali erano i gusti dei sardi e con i suoi fumetti toccava sempre argomenti che trattavano l’identità sarda, che lui elevava a orgoglio nazionale, mentre io la criticavo come se fosse il più grande fardello limitativo per tutti noi eredi dei protosardi. Ogni tanto entravamo in conflitto, ma erano delle diatribe verbali fra due persone intelligenti e rispettose dell’altrui pensiero. Io e Simone ci rispettavamo, e in quel periodo nella nostra isola il rispetto era merce rara. Sua moglie Marina, una splendida donna bruna e scura di carnagione, aveva appena avuto una bimba stupenda. L’avevano chiamata Eva. Era un angelo biondo e dagli occhi azzurri che aveva preso tutto dal suo papà che di sardo, a parte la battagliera identità, non aveva proprio niente dal punto di vista somatico.
Biondo e dagli occhi azzurri come il più nordico dei normanni.