RADICI D’ULIVI

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Giuseppe Bomboi

Lettere 315 | p.349 | ed. febbraio 2018
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Descrizione

“Un libro magico, acquistato da un contadino analfabeta sul finire dell’Ottocento, sembra essere in grado di influenzare il destino di alcune famiglie di Castel San Pietro Romano, un piccolo ed antico borgo adagiato sulla sommità di un rilievo appenninico.”
“Un viaggio nel tempo che, tra religione e superstizione, si sviluppa agli albori del giovane Regno d’Italia e, passando per le due guerre mondiali, arriva fino ai giorni nostri, abbracciando cinque generazioni.”
“Un libro in una comunità di contadini, una metafora del potere della conoscenza e, al contempo, dei limiti umani.”

Giuseppe Bomboi è nato nel 1978.
Ha pubblicato nel 2010 Vento e Polvere e nel 2015 Terra oltre mare con il quale ha vinto il Terzo Premio Nazionale De Cia per la narrativa.

“Crux Sancta sit mihi lux
Non draco sit mihi dux
Vade retro Satana
Numquam suade mihi vana
Sunt mala quae libas
Ipse venena bibas!”
Così dicendo, Don Brellone prese “lo libbro dello demonio” e lo gettò nel fuoco, innalzando subito dopo la grossa croce di legno con entrambe le mani.
Eppure il libro tra le fiamme del camino non bruciava.
Gli occhi di „Righetta si spalancarono: aveva davvero molta paura.
“Ma perché avete tenuto dentro casa questo libro?”
Gli chiese di nuovo il prete.
“Comme te n‟è tenuto de‟ combra‟ certa robba?”
Continuava a ripetere Albina.
Allora Mattìo, con uno slancio, si chinò verso il camino e prese il libro tra le fiamme, dicendo: “Io lo so‟ portato a Lo Mónde e io lo vajo a fionna‟ via da Lo Mónde!”
In un attimo uscì fuori della casa, scese velocemente le scale e si avviò a passo svelto lungo la via. I sampietrini, illuminati dalla luce della luna, brillavano davanti ai suoi passi.
Camminava così rapidamente, col libro stretto tra le mani, che non si accorse di essere seguito.
Arrivò in fretta a La Costa e percorse, correndo, la discesa che fiancheggiava la chiesetta diroccata, in quel momento, imbiancata dalla luna.
La voce dei grilli toglieva tempo al silenzio.
Saltellò tra le pietre finché non si trovò davanti al precipizio. Allora si fermò e rimase per qualche istante immobile davanti alla scarpata. Sollevò, quindi, il grosso libro in alto con entrambe le mani.
1 “il libro del demonio”
2 “Perché mai hai acquistato un oggetto simile?”
3 “Io l‟ho portato a Castel San Pietro Romano e io lo butterò via da Castel San Pietro Romano!”
Stava per lanciarlo, ma sentiva le lacrime agli occhi mentre una strana forza ancorava il libro alle sue mani.
Da dieci anni quel libro era entrato nella sua vita.
Tirò giù le braccia e, con sguardo cupo e pensieroso, osservò la rilegatura del libro illuminato dalla luna. Finché una voce lo scosse dai suoi pensieri:
“Tata, jèttelo!”
Mattio si voltò: suo figlio Paolo era dietro di lui. Gli occhi di Paolo erano lucidi e tesi. E dietro Paolo, per un attimo, Mattio vide un uomo che sorrideva. Vide il suo medaglione sul petto che brillava per poi diventare una bianca luna con la gobba a ponente.
In quel momento un ululato risuonò per la valle sottostante. E per un po‟ non si udì alcun rumore finché la voce dei grilli riprese il suo duello con il silenzio.
Allora Mattio innalzò di nuovo il libro con entrambe le mani e lo lanciò giù per il dirupo, seguendo con gli occhi lo strano oggetto che precipitava lasciando una scia luminosa per poi scomparire d‟un tratto tra le tenebre dopo aver emesso un suono che sembrava un tuono mescolato ad un lamento.
Quindi Mattio si inginocchiò. Tremava.
Paolo si avvicinò:
“Tata, sta tranguillo! Jammocénne: me sa che zi‟ prete ce sta angóra a „spettàne rendro casa…”
Era il tempo della trebbiatura.
Era la notte del 7 luglio del 1897