SEMPRE ED OVUNQUE. Agenda militare italiana 1916 – 1917 – 1918 del tenente di artiglieria da montagna Raffaele Santovito

SEMPRE ED OVUNQUE. Agenda militare italiana 1916 – 1917 – 1918 del tenente di artiglieria da montagna Raffaele Santovito

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a cura di Giovanni Patini

Costellazione Orione 115 | p. 147 | ed. giugno 2017
COD: ISBN: 9788874189717 Categoria:
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Descrizione

Raffaele Santovito partecipò alla Grande Guerra, nel triennio 1916 – 1918, in qualità di tenente di artiglieria da montagna. In quei tre anni, servendosi delle agende ricevute in dotazione, registrò quasi quotidianamente annotazioni di carattere militare ed anche personali. L’ufficiale visse il conflitto sui tre fronti principali, che vedevano l’esercito italiano opposto a quello austroungarico: l’altopiano di Asiago, l’Isonzo e l’Adige. Fu quindi partecipe e testimone diretto di eventi drammatici, come le battaglie dell’Altopiano e la ritirata che seguì alla disfatta di Caporetto.
Giovanni Patini, pur non avendo mai conosciuto il bisnonno, è legato a lui da alcuni eventi più o meno fortuiti: nato lo stesso giorno dell’anno, anche lui è laureato in ingegneria meccanica ed ha prestato servizio militare in qualità di ufficiale di artiglieria da montagna.
Spinto da queste affinità e dalla ricorrenza del centenario della guerra, ha trascritto integralmente i diari (ad eccezione di una decina di righe rese illeggibili dal tempo, la cui rimozione non compromette la comprensione del testo) e li ha commentati in modo da renderli più usufruibili da parte di quei lettori che non abbiano una specifica conoscenza degli eventi narrati. Si tratta di osservazioni principalmente di carattere storico, geografico e militare, oltre ad alcune note relative alla vita privata del bisnonno.
Il titolo del libro “Sempre ed Ovunque” era il motto del primo reggimento di artiglieria da montagna ai tempi della Grande Guerra ed è poi diventato, ed ancora rimane, il motto dell’arma di artiglieria.

Raffaele Santovito nacque a Rodi Garganico il 18 ottobre 1893. Al momento dello scoppio della Grande Guerra era studente di ingegneria meccanica al Politecnico di Milano. Nel 1916 fu chiamato alle armi come ufficiale di complemento di artiglieria da montagna. Un anno dopo il termine della guerra lasciò l’esercito e completò gli studi interrotti. Fu direttore di alcuni degli istituti tecnico industriali più prestigiosi di Italia. Morì a Parma il 21 maggio 1946.
Giovanni Patini è nato a Reggio Emilia il 18 ottobre 1972. Dopo aver conseguito la laurea in ingegneria meccanica all’Università di Parma, ha prestato servizio militare in qualità di ufficiale di complemento di artiglieria da montagna. Apprezzato professionista nell’ambito dell’industria meccanica, scrive per passione.

Raffaele Santovito nacque il 18 ottobre 1893 a Rodi Garganico. Al momento dello scoppio della Grande Guerra era studente di ingegneria al Politecnico di Milano. Chiamato alle armi come ufficiale di complemento di artiglieria da montagna, fu assegnato con il grado di sottotenente alla 42^ batteria someggiata.

Il Regio Esercito all’entrata in guerra era organizzato in corpi d’armata, strutturati in divisioni, ognuna delle quali era costituita da due brigate ed un reggimento di artiglieria. Ogni brigata, ad eccezione di quelle di cavalleria, disponeva di due reggimenti di fanteria, ognuno dei quali riceveva supporto da uno dei due gruppi di artiglieria di cui era composto il reggimento di artiglieria. I reggimenti di fanteria erano formati da tre o quattro battaglioni, suddivisi a loro volta in tre o quattro compagnie.
Ogni compagnia disponeva di due, tre o quattro plotoni di 250 uomini. L’Agenda Militare Italiana del 1916, tra le varie informazioni sul Regio Esercito, forniva anche i seguenti dettagli relativi all’artiglieria da montagna.  Nel giugno 1916 la 42^ batteria someggiata costituiva, insieme con la 41^, il 12° gruppo someggiato, a supporto della 29^ divisione al comando del generale Enrico Caviglia, che faceva parte del XX corpo d’armata al comando del generale Luca Montuori. Capo di stato maggiore era il generale Luigi Cadorna.
Le batterie someggiate (a dorso di mulo) erano state costituite nel 1913 per impiegare i cannoni dismessi dall’artiglieria da montagna. Le due sezioni di cui erano composte, sia in tempo di pace sia in tempo di guerra, disponevano di due cannoni da 70/15 (cioè calibro di 70 mm e lunghezza della canna pari a 15 volte il calibro), ricevuti in dotazione dalle batterie da montagna, che avevano rimpiazzato questo modello con il cannone a deformazione 65/17 Mod. 1908, di poco più recente rispetto all’altro, ma decisamente più moderno, in quanto consentiva un tiro più rapido e preciso. Il cannone da 70/15 poteva sparare ad una gittata massima di 6.600 metri e con una cadenza di 8 colpi al minuto. Nonostante si trattasse di un pezzo antiquato, era semplice ed economico da realizzare e, vista l’inferiorità qualitativa e quantitativa dell’artiglieria italiana nei confronti di quella nemica, fu prodotto per tutta la durata della guerra.
Il Regno d’Italia al momento della dichiarazione di guerra includeva il Veneto ed il Friuli fino quasi al fiume Isonzo, mentre il Trentino Alto Adige apparteneva all’Impero Austroungarico, così come Trieste, Gorizia e la parte di Friuli oltre l’Isonzo. Con la guerra l’Italia si prefiggeva di conquistare questi territori irredenti.
I punti più critici del fronte erano il fiume Isonzo, attraverso il quale gli austriaci avrebbero potuto avere accesso alla pianura veneta, l’Altopiano di Asiago (o dei Sette Comuni), che avrebbe aperto le porte alla pianura padana e consentito di prendere alle spalle le armate sul fronte dell’Isonzo, ed il confine sul fiume Adige, dove la provincia di Trento si incunea in quella di Verona.
L’agenda militare del 1916 riportava il dettaglio della cartina geografica del confine tra Italia ed Austria Ungheria

Cosa ti ha spinto a scrivere il libro?

Qualche anno fa sono venuto in possesso delle agende militari del mio bisnonno, tenente di artiglieria da montagna durante la Prima Guerra Mondiale. Si tratta di annotazioni di carattere militare, ma anche personali, registrate quasi quotidianamente negli anni trascorsi al fronte.

Dal momento che la calligrafia risulta di difficile comprensione, ho deciso di trascrivere integralmente il testo in modo da consentire a me ed ai miei famigliari una facile lettura. A quel punto ho pensato che il documento non meritava di rimanere nel mio computer e che l’aggiunta di commenti storici, geografici e militari avrebbe potuto renderlo comprensibile anche a chi non sia esperto conoscitore degli avvenimenti della Grande Guerra.

Perché il titolo “Sempre ed Ovunque”?

“Sempre ed Ovunque” era il motto del primo reggimento di artiglieria da montagna ai tempi della Grande Guerra. Richiama il “Sempre e Dovunque” che era e che ancora rimane il motto dell’arma di artiglieria. E’ quindi qualcosa che a distanza di un secolo unisce me al mio bisnonno.

Sei un appassionato della storia del primo Novecento?

A dire la verità, per quanto mi piaccia molto la storia, non sono particolarmente attratto dalla storia moderna. Ma nel desiderio di leggere i diari del mio antenato e di scrivere poi questo libro, la passione per la storia ha avuto un’importanza secondaria: ciò che mi ha trascinato veramente è stato l’essere un “Alpino”, qualcosa che non si riesce a spiegare, ma che solo chi ha portato una penna nera sa veramente cosa significa.

A chi è destinato il libro?

Penso che gli appassionati della storia della Grande Guerra e gli abitanti delle zone dei fronti sui quali la guerra si è combattuta possano trovare il testo originale delle agende assolutamente interessante. Ma sicuramente questo libro può essere apprezzato più in generale da quanti vogliano semplicemente avere uno spaccato di quei drammatici eventi accaduti un secolo fa.

Quali sono le tue letture di riferimento?

Premesso che adoro leggere libri di narrativa, sono appassionato in particolare di romanzi storici e di fantascienza. Gli scrittori che prediligo in questo ambito sono Isaac Asimov, Valerio Massimo Manfredi, Andrea Frediani e, se posso dirlo senza risultare infantile, Jules Verne. Ma l’autore che ha più influito sulla mia passione per la scrittura è Giovanni Guareschi.