LA DISONESTÀ NATURALE
13,00 €
Alberto Treccani Chinelli
Costellazione Orione 142 – Psicologia e sociologia- | ed. aprile 2021 | p.122
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Descrizione
Descrizione
Argomento di questo saggio non è la disonestà che noi ogni giorno incontriamo, viviamo, subiamo o pratichiamo, quella disonestà disapprovata dai costumi e condannata da leggi e religioni. Il saggio infatti indaga la genesi di una disonestà talmente profonda e lontana da risalire alle nostre origini, una disonestà naturale di tale suggestione che ha saputo, nel tempo, divenire parte integrante della morale.
Autori
Nato a Milano nel 1939 Alberto Treccani Chinelli vive da oltre quarant’anni in Liguria. Ex-dirigente d’azienda nel settore dei trasporti marittimi internazionali, appassionato di filosofia, storia delle religioni, cinema e musica jazz, ha pubblicato: “Sonetti pedestri” ed, Busco – Rapallo (2010); “Tre nobili scalate (Mito, filosofia, religione)” Marco del Bucchia editore – Viareggio (2016);”Rotaie di celluloide (Il treno nel cinema…e non solo)” Prospettiva Editrice – Civitavecchia (2018); “Il rimedio (Viaggio nel bosco delle religioni)” Prospettiva Editrice – Civitavecchia (2019); “Le lontane origini del blues e del jazz” – Arcana Edizioni – Roma (2020).
Prima pagina
Introduzione
Una mezza idea di scrivere un trattatello che dimostrasse l’impossibilità di essere pienamente onesti mi nacque in una tiepida sera piovosa di giugno nei pressi di un cassonetto per la raccolta delle immondizie. Dopo aver raccattato, con l’apposito sacchettino, ciò che Poldino aveva lasciato sull’asfalto, nel momento in cui mi accingevo a liberarmene apparve un uomo di bassa statura ma di elevato senso civico e morale. Costui si congratulò e pensò bene di illustrarmi come sarebbe stata più vivibile la cittadina rivierasca nella quale trascorreva le sue vacanze (e io tuttora vivo) se tutti i proprietari del primo animale reso domestico dall’uomo – simbolo della fedeltà e che un tempo veniva sacrificato per poter servire da guida nell’Altro Mondo al padrone defunto – si fossero comportati come noi.
Era il giorno in cui i quotidiani pubblicavano la notizia della nascita di un governo tinto di giallo e di verde. Quell’uomo, che aveva raccolto le deiezioni della sua cagnolina, dopo una breve pausa mi raccontò di essere un artigiano lombardo che pagava le tasse, un cittadino esemplare che non aveva mai avuto alcun tipo di problema con la legge.
Abbozzando un sorrisetto allusivo mi fece notare che il suo sacchettino era giallo-verde e, quando se ne liberò, la sua esposizione si fece ponderata: se tutti, disse, avessero avuto la sua onestà, i carabinieri, le forze di polizia, le porte blindate, le telecamere, i sistemi di allarme, le guardie carcerarie, giurate o del corpo, e chissà quanti altri mestieri e professioni, si sarebbero rivelati inutili.
Infine, dopo avermi garantito che essere onesti è alla portata di tutti, essendo sufficiente seguire gli insegnamenti delle Scritture, se ne andò com’era apparso. Tentai di riassumere la morale scaturita dall’incontro con questo aforisma: Onesto è colui che, in una sera piovosa, raccoglie le deiezioni del proprio cane sapendo di non essere osservato né dagli uomini, né dagli dei.
Mi avviai verso casa ponendomi due domande: la prima riguardava le pesantissime ripercussioni che avrebbero colpito l’economia se l’umanità fosse stata travolta da un’improvvisa pandemia di onestà; con l’altra mi domandavo quale reale possibilità ci fosse di sottrarsi alla disonestà naturale od originaria, non quella disapprovata dalle religioni, dai costumi o condannata dalle leggi, ma quella che si colloca alle origini dell’umanità. Questo secondo argomento mi parve di maggior interesse e meritevole di approfondimento.
L’altra mezza idea, che unendosi alla prima la completò stimolandomi a scrivere ciò che state leggendo, si manifestò 461 giorni dopo l’incontro con l’integerrimo artigiano lombardo, il tempo esatto della durata del 65° esecutivo della nostra Repubblica, nato il primo di giugno del 2018 e basato su un accordo, tutto giallo e verde, denominato Contratto per un Governo del Cambiamento. Nel corso dell’agosto del 2019, forse per via della calura, le sbavature che da tempo caratterizzavano le due tinte si allargarono a tal punto da divenire vere e proprie macchie o patacche, inducendo all’errore un giovane leader daltonico e lombardo, che stravide un futuro tutto dipinto di “verde pratone”.
Il vantaggio di un governo instabile è che non ha il tempo di sconfessarsi diceva il biologo, storico della scienza e pubblicista francese Jean Rostand (1894 – 1959). Ma, com’è noto, esistono le eccezioni e non sempre le cose vanno così. Ciò che aiutò il formarsi della seconda metà dell’idea, non fu tanto una valutazione politica di quel governo o un giudizio morale legato ai comportamenti di chi lo componeva – pur sapendo che qualcuno era incorso in disavventure giudiziarie – in quanto, come già detto, ciò rientra nell’ambito dell’onestà soggetta alle leggi e ai costumi. E non fu neppure l’aleggiare dell’opinione di Trasimaco (vedi Platone – Repubblica – libro primo), sicuramente condivisa dalla maggioranza degli individui (con o senza idee politiche) che compongono la nazione: questa opinione sostiene quanto segue: Chi guida il gregge (non importa se di ovini o di uomini) più che al bene delle pecore pensa agli affari suoi. Nulla di tutto ciò mi indusse a iniziare. Mi spinsero ad agire alcune riflessioni riguardanti il giuramento previsto dalla nostra Costituzione. Com’è noto, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono garantire la loro rettitudine pronunciando “nelle mani del Presidente della Repubblica” l’ineluttabile frase: Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione.
Rileggendola ebbi chiara la sensazione che quel giuramento si fosse ormai svilito, vuoi per il declinare della magia e del sacro, vuoi per l’illanguidirsi della fede in divinità un tempo molto temute. Di fronte a un gesto pressocché privo di rischi per il giurante mi chiesi se chi, con serietà ed entusiasmo, lo aveva compiuto “nelle mani del Presidente”, avesse idea di cosa intendessero per “interesse della Nazione” le forze politiche con le quali si era alleato nel guidare il Paese, ed anche gli stessi compagni di partito o di movimento.
Mi spiego con un esempio: uno dei punti del Contratto per il cambiamento prevedeva l’introduzione di una flat tax per privati ed imprese, in contrasto con l’articolo 53 della Costituzione Italiana che recita: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
La Costituzione non è dunque più in grado di tutelare gli interessi della nazione? o è la flat tax che favorisce una componente di chi in questa nazione vive?
Giungeremo a quella che definisco la disonestà naturale od originaria partendo da molto lontano, con la consapevolezza che non sarà agevole spiegare al lettore onesto perché non gli è possibile esserlo pienamente.
Rapallo, 12 gennaio 2021