MARX E LIBERTÀ Disperati sacerdoti dell’intransigenza nell’Italia degli anni ’20: Gobetti, Gramsci, Mondolfo, Rosselli

MARX E LIBERTÀ Disperati sacerdoti dell’intransigenza nell’Italia degli anni ’20: Gobetti, Gramsci, Mondolfo, Rosselli

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Giovanni Zanelli

Costellazione Orione 161 | ed. dicembre 2022 | p.124 | f.to 12x17cm
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Descrizione

“Non ci si può opporre allo tsunami, non si può prevenire.
Però si può prendere il sole sulla spiaggia, leggere un libro,
nuotare con i figli, amare una donna.
Questo è lo spazio della nostra libertà: abitare la spiaggia
prima e dopo lo tsunami.”

Ripensare la crisi, elaborare la prospettiva di sconfitta.
Nell’Italia degli anni ’20 le esperienze storiche e umane dei disperati sacerdoti dell’intransigenza, Gobetti, Gramsci, Mondolfo e Rosselli, si incontrano, si intrecciano, si confrontano.
L’obiettivo è elaborare una risposta politica al problema della conciliazione di libertà e uguaglianza. La strada seguita è comune: superare l’opposizione tra liberalismo e marxismo.
L’urgenza storica è la stessa: resistere al fascismo.

 

In copertina dipinto dell’artista Goa, “Tsunami a New York”, 2014, su gentile concessione dell’autore.

Giovanni Zanelli (Savona, 1974) con Prospettiva Editrice ha pubblicato “Hanno ammazzato Gramsci, Gramsci è vivo” (2017), “Gramsci o barbarie” (2018), “Ti presento Rosa. Introduzione
al pensiero di Rosa Luxemburg” (2019).

Prima di cominciare

Ho iniziato a pensare a questo libretto agli inizi del 2019, in seguito al mio incontro con Rodolfo Mondolfo di cui, lo ammetto, conoscevo a malapena il nome. Negli anni seguenti sono stato travolto da uno tsunami che ha messo in discussione la mia vita familiare, professionale, le mie convinzioni politiche, gli amici e gli affetti. Forse ha messo in discussione anche la mia lucidità.
Quando le acque si sono ritirate, ho cercato di recuperare ciò che non era stato distrutto, per provare a tornare a vivere. Il libretto sulla libertà era una delle cose scampate allo tsunami. Non è stato difficile, per me, comprendere perché volessi tornare a occuparmi del problema della libertà, almeno nei termini che ritenevo interessanti. Non si trattava più, infatti, di un’ipotesi di scuola o di un’esercitazione filosofica: sentivo incisa sulla carne viva l’esigenza di capire qualcosa di me, dei miei spazi di libertà, del libero arbitrio. Non ho mai capito molto della vita degli uomini e pensavo che fosse giunto il momento di fare chiarezza. Non avevo alcuna pretesa di arrivare alla verità rivelata. Cercavo solo di avvicinarmi a un nuovo punto di equilibrio che servisse a condurre la vita con qualche speranza di salvezza. Pensavo di aver finalmente capito la lezione di Gramsci: quanto più la nostra ragione è posta innanzi alla catastrofe, tanto più la nostra volontà si aggrappa alla speranza.
Quando ho riletto quello che avevo scritto, tuttavia, ho scoperto che non mi piaceva affatto e che non lo trovavo per nulla convincente. Innanzitutto per una questione di stile, di scelte formali. Non avevo voglia di un saggio tradizionale, scritto per parlare solo a chi già frequenta la filosofia e il pensiero politico. Volevo seguire la stessa trama del discorso di prima, ma cambiando tutte le parole. Volevo qualcosa di più immediato e di più sincero, ma non sapevo come fare. Ho deciso, allora, di non impormi alcuna regola, se non quelle strettamente necessarie per farsi comprendere da chi parla la mia lingua. Quello che segue, quindi, non è un saggio, ma una specie di flusso di coscienza che coinvolge i miei interlocutori del tempo antecedente lo tsunami: Gobetti, Gramsci, Mondolfo, Rosselli. E, ovviamente, il grande vecchio sullo sfondo: Marx.
Prima di iniziare, sento però l’esigenza di chiarirmi le idee sull’argomento che voglio trattare. Credo sia utile anche per il lettore. Vorrei partire, quindi, dalla posizione del problema.